La pandemia COVID-19, che ha flagellato il pianeta sin dai primi mesi di quest’anno, ci costringe a vivere un momento storico di grande incertezza. Di fronte allo sconvolgimento delle nostre vite, siamo davanti al nascere di un nuovo tipo di socialità che si muove veloce sulla rete, un cambiamento che ci richiede attenzione e immutata presenza online e offline.
La paura del contagio e l’incertezza riguardante il futuro di tutt*, ha provocato un aumento considerevole dei discorsi d’odio verso le comunità più discriminate, colpendo anche noi persone LGBTQIA+, che siamo state bersaglio di una violenza cieca e irrazionale.
Abbiamo visto usare la pandemia come pretesto per colpire, ad esempio, l’autodeterminazione delle persone trans* in Ungheria o quella delle donne in Polonia e la nostra comunità è, in alcuni casi, addirittura stata accusata di essere la principale responsabile della trasmissione del virus, se non proprio causa di esso.
L’emergenza sanitaria ha, inoltre, esacerbato le quotidiane difficoltà delle persone LGBTQIA+, facendole emergere in maniera ancora più evidente all’interno dei contesti abitativi, di lavoro e di accesso al welfare.
La modalità del lockdown si è limitata a sottolineare l’inadeguatezza del nucleo familiare nella sua accezione più tradizionale e arretrata, senza riconoscere l’esistenza e il valore di nuclei affettivi e relazionali non codificati, alternativi rispetto al modello eteronormativo e patriarcale.
In molti casi, l’isolamento sociale è stato particolarmente doloroso e sofferto per i membri più giovani della comunità e non indipendenti dal punto di vista economico, costretti in un ambiente non sicuro, con famiglie non disposte ad accettare il coming out del figlio o della figlia, e senza possibilità di frequentare spazi più inclusivi e familiari.
Equilibri domestici già instabili, a causa del lockdown, sono esplosi in violenze ai danni soprattutto delle donne, delle persone LGBTQIA+ e delle persone più anziane, obbligate in casa proprio con chi perpetra questi soprusi.
Genitori LGBTQIA+ impossibilitati a qualsiasi spostamento per necessità di salute delle figlie e dei figli perché non riconosciuti come genitori legali.
Genitori LGBTQIA+ in coppie eterosessuali, sono stati costrett* a fermare gli iter di separazione che stavano portando avanti, vedendosi rimandata così la possibilità di viversi nella loro dimensione più autentica.
Inoltre, il cosiddetto “smart working” non ha appianato le differenze di genere, in quanto esclusivamente sulle donne è per la maggior parte ricaduta la responsabilità dell’educazione dei figl*, rendendo difficile bilanciare l’equilibrio tra lavoro e vita familiare.
La situazione sanitaria ha fatto ritardare e reso incerti i percorsi di transizione delle persone trans*, percorsi fondamentali per garantire il benessere e quindi la salute della persona stessa.
Infine, i provvedimenti approvati dal Governo in seguito all'emergenza sanitaria internazionale, hanno reso evidente la completa assenza di tutele per la categoria delle/i/* lavoratrici del sesso, colpite violentemente dalle disposizioni di lockdown e lasciate fuori da qualsiasi forma di sussidio statale.
Nonostante la parola pandemia abbia un’accezione universale, che dovrebbe farci sentire davvero tutt* nella stessa barca e senza confini, ha dato linfa a nazionalismi e ravvivato il livore verso l’Altr* costruendo ancora una volta una dialettica “noi contro loro”.
Se questa drammatica situazione ha evidenziato mancanze da tempo denunciate, ha altresì dimostrato la fondamentale importanza che associazioni e reti solidali hanno nella tenuta delle nostre comunità. Fin da subito sono nati progetti solidali di mutuo aiuto, piattaforme per sostenersi reciprocamente e per non lasciare parti importanti della nostra comunità indietro, nessuna. Con i mezzi e gli strumenti a disposizione, la nostra comunità ha saputo reinventarsi per trovare nuove forme di socialità e per mettersi in ascolto, attraversando le porte chiuse per offrire compagnia e supporto. Nuove reti di mutualismo sono fiorite, vecchie si sono rinsaldate.
Queste sono le forme del nostro Orgoglio, un orgoglio che non si ferma con la distanza fisica, ma che continua a lottare per il diritto alla felicità di tutte le persone LGBTQIA+. Quest’anno non avremo l’occasione per scendere nelle piazze per manifestare con i nostri corpi. Cediamo uno spazio fisico comune, ma non abbandoniamo lo spazio politico e sociale che in questi anni abbiamo faticosamente conquistato. Il nostro rimane un corpo collettivo - forse più virtuale - che lotta per la difesa delle libertà ottenute e di conquista di tutte quelle che mancano, un corpo colpito dagli eventi, ma che sa rispondere forte della sua Storia di resistenza.
Proprio per questo non si ferma la nostra voglia di testimoniare il nostro orgoglio di esserci e il 27 giugno parteciperemo anche noi al Global Pride online, promossa dai network internazionali dei Pride (EPOA e Interpride), per essere, oggi più che mai, insieme per ricordare e celebrare la strada fatta, guardando al futuro.
Vogliamo continuare a lottare con i nostri colori, con la nostra energia e per un Mondo più inclusivo.
Facciamo nostra una concezione di lavoro come possibile strumento di indipendenza e autodeterminazione e per questo promuoviamo ambienti lavorativi che siano rispettosi di tutte le soggettività e che garantiscano e tutelino, attraverso equità di trattamento e di compenso, chi lavora. Rileviamo nelle/nei sex workers una categoria fortemente stigmatizzata e marginalizzata che subisce gli effetti di una normativa abolizionista e di una narrazione che lega in maniera automatica e acritica il lavoro sessuale ai fenomeni di tratta o di sfruttamento. Per la diffusione di buone pratiche e per l’estensione di tutele, anche e soprattutto nell'accesso al lavoro per le persone trans, ci poniamo come soggetto interlocutore attivo dei sindacati.
È nostra convinzione che discriminazioni e violenze basate su orientamento sessuale, identità ed espressione di genere attecchiscano in una società frammentata e disinformata. Vogliamo quindi essere fonte di diffusione e promozione di una cultura inclusiva e che valorizzi le differenze di ogni soggettività individuale e di nuclei familiari. Intendiamo operare un cambiamento sociale che coinvolga in maniera orizzontale luoghi (scuole, università, piazze, ecc), istituti (forze dell’ordine, personale sanitario, insegnanti, ecc) e mezzi (letteratura, cinema, teatro, sport, ecc).
In un panorama globale nel quale le spinte conservatrici generano paura e intolleranza, riteniamo fondamentale che lo stato italiano eserciti il suo ruolo di tutela legislativa, promulgando dispositivi che tutelino da episodi di violenza basata su orientamento sessuale e/o identità di genere e reprimano i crimini d’odio verso le persone LGBTIQA+. Pensiamo inoltre che l’Italia debba farsi promotrice europea di buone prassi di accoglienza rendendosi luogo sicuro per tutte quelle persone provenienti dall'estero che hanno dovuto lasciare il proprio paese a causa di violenze e discriminazioni e condannare qualsiasi forma di tratta e sfruttamento.
È necessario assicurare la piena equiparazione di tutte le famiglie attraverso il riconoscimento della responsabilità genitoriale alla nascita e attraverso la riforma della legge sulle adozioni. Assistiamo con fiducia alla presa di consapevolezza, anche da parte del diritto, che non si possa più presumere l'esistenza di un unico modo di fare famiglia. Sono i tribunali stessi ad insegnarci come il "preminente interesse del minore" venga tutelato attraverso il riconoscimento giuridico di quei legami affettivi che ad oggi non sono ancora pienamente legittimati. Obbligheremo la politica ad assumersi la responsabilità di legiferare in merito. Saremo promotori e promotrici di un nuovo modo di fare cultura, sostenendo una riflessione serena, libera da pregiudizi, stereotipi e impostazioni di tipo proibizionistico sull’accesso alla genitorialità, in tutte le sue forme.
Puntiamo alla piena realizzazione del benessere psicologico, fisico e sessuale di ogni persona, rivendicando il diritto a un’assistenza consapevole e specificatamente formata, in un contesto culturale che tenda alla depatologizzazione dei vissuti delle persone transgender e intersessuali, alla prevenzione da tutte le infezioni sessualmente trasmissibili e all’eliminazione dello stigma verso le persone che vivono con HIV. Auspichiamo a una collettività sierocoinvolta, ossia informata, empatica e che non discrimini e stigmatizzi in base allo stato sierologico.
Rivendichiamo il diritto ad un’autodeterminazione completa e incondizionata dei nostri corpi. Vogliamo far parte di uno stato che si faccia garante di una libera scelta dei modi e delle forme con cui gestiamo i nostri corpi e le nostre relazioni affettive fornendo strumenti informativi e di supporto che garantiscano la piena realizzazione di ciò che siamo. Promuoviamo una società che riconosca e dia cittadinanza a tutte le identità non cis-eteronormate e che non si definiscono in base a un’espressione binaria, alle istanze transgender, bi+, gender non conforming.